Cosa è la System Dynamics

La System Dynamics, che da ora in avanti chiameremo SD, è un approccio allo studio del comportamento dei sistemi e, in particolare, dei sistemi socio/economici, in cui si enfatizza il ruolo dell’intreccio tra politiche, strutture decisionali e ritardi temporali nell’influenzarne i fenomeni dinamici. In particolare, le analisi e le interpretazioni del comportamento dei sistemi sviluppate nell’ambito del SD si fondano su due concetti:

     la divisione tra variabili di stato (livello/stock) e la dinamica di queste (flusso/flow)
     la presenza di circuito di retroazione (feedback loop)

 

Un circuito di retroazione esiste ogni volta lo stato di un sistema stimola una decisione che risulta in un’azione e quest’ultima determina un cambiamento dello stato originale del sistema creando, così, le premesse per le decisioni future. L’analisi condotta nell’ambito del SD, quindi, si ancora a due ipotesi fondamentali. Da una parte, il SD postula che dall’intreccio di processi decisionali, flussi informativi e relazioni interpersonali all’interno delle aziende, emergano strutture costituite da circuiti di retroazione concatenati. In secondo luogo, il SD ipotizza che i comportamenti dei sistemi siano la conseguenza delle caratteristiche strutturali che assumono tali aggregazioni di circuiti di retroazione che regolano il ”tasso” (rate) di accumulazione o erosione delle variabili livello (stock) in essi compresi.

La nascita del SD trova linfa vitale in alcune aree di ricerca che sia andavano sviluppando negli anni ’60. La prima area di ricerca accoglie gli studi sui circuiti di retroazione, in particolare, diretti al controllo di sistemi meccanici ed elettrici. La seconda area di ricerca si riferisce al corpo di studi, sviluppatosi negli anni ’50 e ’60, sul comportamento decisionale nelle organizzazioni. L’interesse emerso per la rappresentazione dei processi decisionali nella loro versione più realistica, non purgati da lenti prescrittive ma caratterizzati proprio dalle incoerenze, dalle imprecisioni, dalle pressioni culturali ed emotive, è collegato al SD in due modi.

In primo luogo, se è vero che la spiegazione del comportamento delle organizzazioni si basa sull’analisi dei circuiti di retroazione che si vengono a formare nelle pieghe della struttura dei processi decisionali, diventa fondamentale che tale struttura sia descritta fedelmente in modo da conservare le sue caratteristiche. In secondo luogo, l’ipotesi che le decisioni siano inevitabilmente e pesantemente influenzate dall’ambiente in cui vengono prese costituisce la giustificazione teorica dell’utilizzo del concetto di circuito di retroazione per spiegare il comportamento dinamico dei sistemi sociali. Infatti, prendendo in considerazione un’azienda, se le decisioni che influenzano lo stato del sistema aziendale sono condizionate dallo stato del sistema stesso, allora l’evoluzione del sistema aziendale è animata dal motore costituito dal circuito di retroazione che si crea tra lo stato del sistema e le decisioni degli attori in esso coinvolti. La terza area di ricerca si riferisce all’emergere, negli anni ’50 e ’60, di un approccio sperimentale allo studio del comportamento dei sistemi.

L’analisi del comportamento dei sistemi dinamici era, infatti, limitato dal fatto che la soluzione analitica delle equazioni differenziali che ne descrivono il comportamento diventa problematica o addirittura impossibile anche per sistemi relativamente complessi. Sulla base di tale importante limitazione, negli anni ’50, soprattutto nell’ambito delle ricerche condotte per creare efficienti sistemi di difesa antiaerea e, in generale, nei dipartimenti di ingegneria delle università americane, si è sviluppato un approccio allo studio dei sistemi dinamici fondato sull’analisi numerica del loro comportamento condotta tramite simulazione al computer. In altre parole, dato un sistema dinamico, rappresentato da un sistema di equazioni differenziali, invece di risolvere analiticamente tale sistema, si sono utilizzate le equazioni per simularne il comportamento al computer. Questa evoluzione, resa possibile anche dallo sviluppo portentoso della capacità computazionale dei calcolatori che ha avuto luogo nello stesso periodo, ha costituito un punto di partenza fondamentale per il SD anch’esso caratterizzato da un approccio sperimentale, basato sulla simulazione al computer del comportamento dei sistemi in generale e di quelli aziendali in particolare.

Per ulteriori e più dettagliate informazioni, si rimanda al sito istituzionale della System Dynamics Society, ed in particolar modo ai seguenti link:

La System Dynamics Society

La System Dynamics Society è un’organizzazione no-profit con sede ad Albany, New York, Stati Uniti d’America, la cui missione è di promuovere la ricerca sulla dinamica dei sistemi ed il pensiero sistemico.

Per ulteriori info: http://www.systemdynamics.org

Breve Storia della SD

Il SD nasce verso la fine degli anni ’50 al Massachusetts Institute of Technology e la sua origine è indissolubilmente legata alla storia di un uomo: Jay Forrester. Jay Forrester diventa assistente di Gordon Brown che era stato un pioniere degli studi sul controllo dei circuiti di retroazione. Durante la II guerra mondiale, il lavoro di Brown e Forrester si concentrò proprio sull’utilizzo della teoria del controllo dei circuiti di retroazione per la costruzione di sistemi antiaerei, in particolare, di sistemi di controllo di antenne e cannoni. Dopo la guerra, tra la lista di progetti che Gordon Brown propose a Forrester, quest’ultimo scelse quello che riguardava la costruzione di un simulatore di volo per i piloti americani. Il progetto venne sviluppato e sfociò nella costruzione di un computer per lo sviluppo sperimentale di sistemi informativi da utilizzare in combattimento. Questo progetto venne poi sviluppato e fu la base da cui nacque il sistema di difesa aerea del Nord America denominato SAGE (Semi-Automatic Ground Environment).

 

Il punto di svolta arrivò quando venne fondata al MIT la Sloan School of Management. Forrester, abbandona il dipartimento di ingegneria, dove dal 1952 al 1956 era stato direttore della Digital Computer Division del Lincoln’s Laboratory, e, nel 1956, entra nella Sloan School. Arrivato alla Sloan School, il primo progetto di cui si occupò riguardava l’analisi di un problema che affliggeva la General Electric. Quest’ultima non riusciva a spiegare l’origine delle oscillazioni che caratterizzavano l’utilizzo della capacità produttiva nel business degli elettrodomestici. La spiegazione di questo problema costituì l’origine del SD poiché Forrester comprese, analizzando la struttura organizzativa dell’azienda, che le oscillazioni nell’utilizzo della capacità produttiva erano endogenamente generate e trovavano la propria causa nei ritardi temporali e nella struttura dei circuiti di retroazione che sottendeva ai processi decisionali. La necessità di confermare questa intuizione spinse Forrester e i suoi assistenti a costruire un modello matematico per simulare il comportamento del sistema.

 

Dal modello di simulazione, tuttavia, si arrivò presto alla costruzione di un programma con il quale era possibile costruire e simulare altri modelli di simulazione, DYNAMO. La creazione di questo programma ovviamente costituì un forte stimolo allo sviluppo del SD che aveva ora uno strumento che rendeva accessibile la costruzione di modelli e la loro simulazione al computer. Sulla scia del lavoro condotto per la General Electric, Forrester comincò a sviluppare in modo sistematico la sua metodologia di analisi dei comportamenti delle aziende basato sull’applicazione al management delle teorie sui servomeccanismi e sul controllo dei circuiti di retroazione.

 

A seguito di questo sforzo di sistematizzazione, venne pubblicato nel 1961 Industrial Dynamics, un vero e proprio manuale che è stato ed è tuttora il principale punto di riferimento per avvicinarsi allo studio del SD. Al MIT, il gruppo di SD cominciò a crescere e Forrester continuò il suo lavoro di ricerca acquistando popolarità, e, spesso, anche aspre critiche, soprattutto a seguito di due progetti. Il primo progetto riguardava lo studio delle dinamiche dei centri urbani per la valutazione di politiche alternative, in particolare, relative alla gestione del problema della costruzione di abitazioni per le classi meno abbienti. Questo progetto ebbe come risultato a redazione del libro Urban Dynamics pubblicato nel 1969. Nonostante le critiche che la pubblicazione ricevette soprattutto a causa del fatto che, tramite gli esperimenti di simulazione condotti sul modello, Forrester faceva emergere dei forti dubbi sulla validità a lungo termine di molte delle politiche che caratterizzavano l’intervento pubblico nelle grandi città statunitensi.

 

Nel 1970, Forrester ebbe i primi contatti con Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma (Il Club di Roma era un gruppo di 75 persone, provenienti da 25 nazioni, che sponsorizzavano progetti di ricerca volti all’analisi di temi che riguardavano le prospettive di sviluppo economico e sociale). Dal rapporto tra Forrester e il Club di Roma, scaturì l’idea di un progetto di ricerca che studiasse la sostenibilità dello sviluppo economico sul nostro pianeta. Il problema venne acceso dalle perplessità che emersero all’indomani del boom degli anni ’60, quando si cominciò a parlare di problemi quali l’inquinamento atmosferico e l’esaurimento delle scorte di petrolio. Forrester utilizzò il SD per costruire un modello di simulazione e studiare le prospettive di sviluppo e illustrare una serie di possibili scenari futuri. Il modello, che diede origine alla pubblicazione di World Dynamics del 1971, descriveva come l’evoluzione del sistema-mondo poteva essere studiato analizzando l’interazione tra tre sotto-sistemi: il sistema della produzione industriale, il sistema della popolazione umana, con le dinamiche demografiche che lo caratterizzano, e il sistema della produzione agricola. Anche questo progetto, oltre a dare a Forrester e al gruppo del MIT una certa popolarità, scatenò forti opposizioni, soprattutto di carattere metodologico, da parte di alcuni economisti Forrester, in effetti, usava un metodo di ricerca nuovo che trovava giustificazione nella logica pragmatica che animava, e anima tuttora, il SD.

 

Nel lavoro di Forrester, l’enfasi non era tanto sulla capacità del modello di prevedere particolari stati puntuali del sistema o sul rigore con cui le ipotesi del modello erano state testate empiricamente quanto sulla possibilità che il modello offriva di comprendere la logica con cui le variabili rilevanti interagiscono, il ruolo che ciascuna di esse gioca, i punti in cui il sistema è sensibile agli interventi e gli scenari che emergono come conseguenza di ipotesi alternative circa lo stato del sistema. I citati studi sulle dinamiche dei centri urbani e le problematiche relative allo sviluppo sostenibile, sono, ovviamente, solo alcuni dei progetti cui Forrester è stato impegnato nei suoi anni di attività. Sono stati ricordati, tuttavia perché costituiscono dei punti di svolta nella crescita della metodologia SD. Sia per le critiche che per gli elogi ricevuti, infatti, questi studi hanno contribuito a portare alla ribalta il lavoro che veniva svolto alla Sloan School del MIT.

 

In aggiunta, questi imponenti progetti di ricerca hanno contribuito a fornire esempi di riferimento e hanno svolto una funzione di catalizzatore per il gruppo di ricercatori che si stava formando attorno a Forrester. Dall’impegno di Forrester, infatti, si è sviluppato al MIT un filone importante di studi che ha dato vita al System Dynamic Group del MIT. Tra i componenti di tale gruppo, alcuni ricercatori hanno avuto un ruolo particolarmente importante nella diffusione del SD. Peter Senge, per esempio, con il suo libro, La Quinta Disciplina, del 1990, ha spiegato, in modo accessibile e divulgativo, come i principi del SD possano essere applicati alla gestione ed organizzazione dei sistemi aziendali. John Sterman, invece, ha continuato il lavoro di Forrester al MIT utilizzando i principi del SD per studiare problemi legati ai processi decisionali nelle aziende [1987, 1989]. In aggiunta, Sterman ha fornito uno stimolo essenziale allo sviluppo di un metodo di analisi dei sistemi economici e delle scelte aziendali imperniato sull’utilizzo di simulatori di volo manageriali. I simulatori di volo manageriale, o micromondi, sono modelli matematici che riproducono un particolare processo e/o sistema. Tramite un’interfaccia grafica, all’utente è data la possibilità di definire strategie e attuare scelte osservandone le conseguenze [Sterman, 1986, 1991]. Infine, John Morecroft ha studiato i legami tra il SD e gli studi sulla razionalità limitata e sull’approccio comportamentistico alle decisioni [1983, 1985] indagando il ruolo dei modelli SD come strumento a supporto delle scelte strategiche [1985]. Morecroft, dopo aver lasciato il MIT è diventato professore associato alla London Business School dove ha contribuito alla diffusione del SD in Europa rinvigorendo il legame tra SD e gli studi di strategic management.